Ho capito il concetto di invidia più o meno alla fine delle scuole medie, quando il mio corpo, che fino ad allora pareva tanto simile a quello di un maschietto, mi è parso all’improvviso come un estraneo. Non tanto per le nuove curve che iniziarono a spuntare qui e lì, quanto per il senso di competizione che la crescita ha comportato: le mie amiche sembravano sempre più belle, magre, agili, fotogeniche e più piacenti di quanto lo fossi io che, invece, mi sentivo l’emblema della goffaggine. Progressivamente questo senso di inadeguatezza ha comportato la quasi totale perdita di fiducia in me stessa, perché per pura testardaggine ho sempre cercato sicurezza e protezione negli occhi sbagliati.
Fin quando poi è arrivato il mio momento e ho conosciuto DalVeroLab.
La prima volta che mi hanno chiesto di posare come modella era inverno, tra l’altro anche un periodo particolare per me, perché finalmente ero sulla giusta via per tornare ad amare il mio corpo. Una domenica pomeriggio di febbraio mi sono ‘messa in mostra’, posando per delle persone che volevano posare il loro sguardo su di me.
Non credo di essere mai rimasta ferma, mantenendo la stessa posizione, per un tempo tanto lungo, appunto perché è necessario restare immobili per l’intera durata della sessione di disegno che, quella volta, è stata di circa un'ora. Sicuramente è stato di grande aiuto l’intento di non sforzarmi di essere ciò che non sono, quindi ho optato per un abbigliamento casual ma elegante, e ho assunto un atteggiamento rilassato e naturale, nonostante mi trovassi al centro di una stanza, seduta su una sedia rosso fuoco con un occhio di bue puntato dritto su di me.
La cosa stupefacente è stata non sentire minimamente l’imbarazzo durante la posa, forse perché sapevo di stare in mani preziose e che tutto potevano, meno che farmi male. Mi sono sentita apprezzata dalla testa ai piedi, e i miei difetti, per me molto evidenti, nei loro disegni non c’erano, ed è stato nel momento in cui ho visto i disegni che ho fatto una profonda riflessione: io non sono solo pelle, sono colore, sfumature, ombre, luci! Mi hanno reso viva e mi sono sentita bella, ma bella davvero! Anche oggi, rivedere i disegni degli artisti e le foto di quel pomeriggio è un grande aiuto, che mi ricorda di darmi il valore che merito sempre, indipendentemente dagli altri.
Per questo, quando mi hanno chiesto di posare una seconda volta per DalVeroLab agli inizi di ottobre dello stesso anno, non ho perso occasione per ripetere l’esperienza. Mi sentivo sicuramente molto più a mio agio, e poiché la posa ha avuto una durata maggiore rispetto alla prima volta, mi è stato concesso qualche stiramento delle braccia e delle gambe, nonché diversi sorrisi e risate, vista la confidenza raggiunta con il gruppo. Ho indossato un magnifico abito lungo, adagiando la testa sul dorso della mano destra, ho lasciato scivolare le gambe lungo la coperta rossa che avvolgeva la poltrona di design sulla quale ero sdraiata, con un fare sognante ho lasciato gli occhi semi aperti, morbidi, anche per evitare di fare smorfie poco gradevoli per gli artisti, a causa della tensione nervosa che le pose lunghe comportano. Descrivere a parole quanta bellezza sia uscita dalle mani degli artisti è tuttora molto difficile, appunto per questo esistono i disegni, perché dove non sono arrivata io, sono arrivati loro, che sono stati in grado di presentarsi, raccontarmi chi sono io e chi sono loro, nel silenzio di una stanza.
Non finirò mai di ringraziare DalVeroLab per avermi regalato tanto.
Astrid D’Eramo
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